Alla fine del 1949 Luigi Santucci si rivolse all’amico don Primo per coinvolgerlo nel progetto di presentare la figura di Gesù tenendo conto delle esigenze del pubblico colto coevo. Mazzolari accettò, ma consegnò uno scritto allora ritenuto non soddisfacente. Il testo fu sepolto nei cassetti, finché fu pubblicato postumo nel 1969. Il libro merita oggi di essere ripreso, per i tanti spunti, originali e tipicamente mazzolariani, che contiene nella rilettura di alcuni dei più famosi miracoli compiuti dal Figlio di Dio.
Per la prima volta in traduzione italiana il testo che ha fatto conoscere Ghislain Lafont al mondo accademico. L’autore ripercorre la formazione del pensiero trinitario occidentale: vi si può intuire il ponte tra l’esperienza del divino avuta in Gesù di Nazaret e le formulazioni dei primi concili, in particolare quelle che evolvono nel dogma della Trinità. Facendo riferimento agli autori che scrivono dopo Nicea, Lafont mostra il pericolo che la teoria teologica dimentichi troppo in fretta l’esperienza storica di Gesù e ne spiritualizzi la vicenda. Nel mistero pasquale egli rintraccia la possibilità di un evento che nello stesso tempo proclama la salvezza nella storia e costringe a cambiare le categorie con le quali si pensa il divino.
Il Triduo pasquale costituisce il cuore della fede cristiana. Nella passione, morte e risurrezione di Gesù la Chiesa impara uno stile: è lo stile del servizio, dell’umiltà e dell’accoglienza di ciò che il suo Signore le dona. È lo stile della testimonianza di una Chiesa che conserva la memoria della propria debolezza, santificata proprio nella sua condizione di serva dell’umanità alla quale essa stessa appartiene. Da ciò ne deriva anche uno «stile celebrativo»,che deve sfociare in un prendersi cura degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il volume propone le riflessioni del card. Carlo Maria Martini, negli anni del suo episcopato a Milano.
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